Se il Belli volle lasciare coi suoi sonetti un monumento della plebe romana, li Sonettari Alonimi, che anch’io come voi non conosco, non si sa bene cosa volessero fare quando si accinsero a codesta intrapresa. Sull’uso della lingua (delle lingue diremmo) non v’è alcuna certezza, se trasteverina o monticiana o testaccina o quale sia. E li concetti so’ quelli che so’. Fatto sta che questa loro prima edizione, con sonetti scritti nel corso di un anno, ormai sta qua e non prevediamo si distinguerà tra le raccolte di versi, ovunque pubblicati. A me tocca prefazionarvi e introdurvi alla lettura e posso dirvi che non arte, non oratoria, non poetica trasuda da ‘sti sonetti, pregni come son però di spontaneità e libertà.